Risponde il numero uno di Volvo Bus
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Håkan Agnevall, i bus elettrici sono tecnicamente maturi per il mercato e per un vero uso operativo. Ma qual è la posizione dei politici nazionali e degli amministratori locali su questo argomento?
«I principali soggetti interessati all’introduzione su larga scala degli autobus urbani elettrici, la cosiddetta electromobility, sono le città. Molti politici hanno messo questo tema al vertice della loro agenda. Volvo Bus crede che per creare un trasporto pubblico senza emissioni, senza rumore e comunque sostenibile economicamente e attraente per gli operatori, l’elettromobilità sia la strada da percorrere».
E Volvo è la sola grande casa che ha preso una decisione tanto chiara in favore dell’elettromobilità nel trasporto urbano…
«Se parliamo delle grandi case noi siamo senza dubbio i leader del bus urbano elettrico. Gli unici che hanno un focus così chiaro e forte. Sentivamo la necessità di concentrare i nostri sforzi in una direzione precisa. E il futuro dovrebbe darci ragione. C’è un chiaro rapporto della Frost & Sullivan che mette nero su bianco come il mercato del bus elettrico urbano crescerà rapidamente da oggi al 2022. E noi siamo pronti a portare i nostri autobus elettrici a tutte le città che ce li chiederanno».
Un progetto impegnativo come quello dell’introduzione dei bus elettrici nelle nostre città richiede grandi investimenti e la necessità di attingere agli aiuti statali ed europei.
«Siamo impegnati in numerosi progetti pilota e tutti beneficiano di diversi tipi di finanziamento: il progetto della linea 55 a Göteborg ha richiesto un investimento di 300 milioni di corone svedesi da parte dei 14 partner, pubblici e privati, che hanno partecipato al progetto. Il progetto della linea pilota 73 a Stoccolma è stato cofinanziato dall’Unione Europea, nell’ambito del programma Zero emission urban system, ZeEus. E c’è poi la 109, la Innovation line di Amburgo, che è principalmente finanziata dalla stessa città di Amburgo».
Esistono fondi svedesi dedicati alla mobilità sostenibile?
«Sì, sono iniziative a livello federale prese dal governo svedese: lo Stadsmiljöavtalen, il patto per l’ambiente urbano, prevede un investimento di 500 milioni di corone l’anno (circa 50 milioni di euro) che lo Stato mette a disposizione delle amministrazioni cittadine per migliorare l’ambiente e che possono facilitare l’introduzione di autobus elettrici, di tram, di sistemi Brt. C’è poi un secondo aiuto statale specifico per chi vuole investire in autobus elettrici il Miljöbusspremie för elbussar (finanzamento per i bus elettrici) che mette a disposizione circa 400 milioni di corone per un periodo di quattro anni. Ma questi aiuti sono stati approvati da poco, e non hanno aiutato nella realizzazione dei nostri programmi a Göteborg e a Stoccolma».
Håkan Agnevall, lei ha spesso affermato che il progetto Volvo sui bus elettrici si fonda su tre pietre angolari: prodotto, infrastrutture e after-market. Può spiegarci meglio questi tre punti?
«Il primo punto è quello della gamma dei prodotti: bus ibridi, ibridi elettrici e tutti elettrici. Tre veicoli diversi che rispondono a diverse necessità operative. Tutti necessari, perché è impossibile passare dal 100 per 100 diesel al 100 per 100 elettrico, sono necessari dei passaggi intermedi.
Il tutto elettrico viaggerà nei centri delle città e il suo successo dipenderà dallo sviluppo delle infrastrutture necessarie. Quando gli autobus devono uscire dal centro delle città per spingersi verso le zone periferiche, entrano in gioco gli ibridi-elettrici, per viaggiare in modalità ibrida fuori dal centro e in tutto elettrico all’interno del centro città. E poi l’ibrido puro, che porta il raggio operativo ancora più lontano. L’elettromobilità, che comprende i tre diversi tipi di bus, è una soluzione globale, per ogni tipo di realtà, per tutti i paesi del mondo».
Il secondo punto fermo per Volvo è quella di fornire un sistema completo e l’assistenza dopo la vendita…
«E qui, oltre a Volvo, entrano in gioco i nostri partner. Non obblighiamo i clienti a fornirsi della completa infrastruttura avendo solo Volvo come referente, ma siamo pienamente in grado di rispondere a richieste del genere. A Stoccolma, ad esempio, è stata la società elettrica Vattenfall a voler investire nella realizzazione delle infrastrutture. Ad Amburgo, invece, le autorità hanno richiesto di avere solo Volvo come referente, e noi abbiamo fornito il sistema completo, chiavi in mano».
E l’after-market…
«Il nostro consiglio è: non comprate la batteria. Volvo è pronta a firmare un contratto di servizio sulla base del costo chilometrico per un periodo di tempo stabilito: 10 – 12 anni. Usiamo i nostri sistemi telematici per monitorare le batterie e, quando necessario, le sostituiamo. Ci impegniamo anche fare la manutenzione degli autobus, a dare agli operatori la garanzia di poter contare ogni giorno su un numero certo di autobus pronti ad entrare in servizio. In sintesi, l’azienda pensa al servizio di trasporto, Volvo a tutto il resto».
L’ultimo pilastro, funzionale all’allargamento del mercato dei bus elettrico è il sistema di ricarica aperto, accessibile anche agli autobus elettrici di altri produttori. Non è una posizione troppo generosa?
«C’è una logica in questa decisione, pensiamo che sia la scelta giusta. Non esiste operatore di trasporto pubblico che possa accettare di essere costretto all’interno di un sistema chiuso, rimanendo legato a un solo costruttore. Se un operatore investe in infrastrutture deve avere la certezza di poterle utilizzare qualunque sia il modello di autobus scelto. Per questo abbiamo sviluppato una partnership con Siemens e Abb. Pensiamo di poter trarre un vantaggio da questa scelta. Con un’infrastruttura di ricarica aperta il passaggio all’elettrico avverrà più rapidamente. È dello scorso mese la decisione di alcuni concorrenti di voler collaborare a questo progetto: per ora sono Solaris, Vdl, Irizar, Siemens, Abb e Heliox, ma la piattaforma è aperta a tutti».
Gli operatori del trasporto pubblico sono molto attenti alla sostenibilità economica di un modello di trasporto. La prima domanda di un vostro potenziale cliente potrebbe essere, molto semplicemente: un elettrico quanto costa più di un diesel?
«L’investimento iniziale è alto. Ma subito dopo si inizia a risparmiare, a partire dal momento in cui si fa il primo pieno. E l’autobus elettrico ha un’efficienza maggiore dell’80 per cento se comparato con un diesel. Per una comparazione corretta tra bus elettrico e bus diesel è poi necessario accettare il fatto che ci sia un valore economico nei benefici che un bus elettrico porta all’ambiente. Invece di pensare solo al Total cost of ownership si dovrebbe pensare di più al True Total cost of ownwership, che include, l’ambiente, la salute, la qualità della vita. Nel ‘Life cycle cost’ un elettrico costa più di un diesel ma è anche in grado di portare dei benefici su larga scala. E se il bus elettrico e l’ibrido elettrico hanno bisogno di un’infrastruttura e di investimenti iniziali, con il bus ibrido siamo molto vicini ai costi operativi di un bus tradizionale a motore diesel».
Quindi molto dipende da quanto l’operatore e i politici sono disposti a pagare per un trasporto più pulito…
«Più pulito e più silenzioso. Ci sono importanti studi sull’effetto negativo sulla salute e sull’economia del rumore derivante dal traffico. Il rumore da traffico causa malattie, di rumore si muore. E il rumore abbassa il valore degli immobili. La Swedish transport authority ha commissionato uno studio del costo annuo del rumore in Svezia. Lo studio ha concluso che il costo sociale per il rumore in Svezia è di circa un miliardo e mezzo di euro l’anno. Quando abbiamo deciso di puntare sul trasporto pubblico elettrico i nostri obiettivi sono stati l’abbattimento delle emissioni e l’efficienza energetica, ma nel corso del tempo abbiamo imparato che c’è un altro importante valore positivo collegato alla mobilità elettrica: l’abbattimento del rumore generato dal traffico. E il bus elettrico facilità la vita dell’autista: niente vibrazioni e molto meno rumore».
Il bus elettrico Volvo 7900 è ora disponibile in due lunghezze: 10,7 e 12 metri. Nel futuro il motore elettrico sarà disponibile anche su veicoli più lunghi e più alti? Penso in particolare ai servizi di Brt e agli autobus a due piani.
«Arriveranno soluzioni elettriche per entrambi questi tipi di bus speciali. Abbiamo le capacità tecniche e c’è interesse da parte degli operatori. Queste soluzioni faranno nascere un nuovo modello di trasporto urbano, con costi infrastrutturali molto più bassi di quelli di un trasporto su rotaia. Soluzioni che trasformeranno il trasporto pubblico in tutto il mondo. La capacità del sistema Brt realizzato dalla Volvo a Bogotà è di 40 mila passeggeri l’ora. Immaginare un sistema così effettuato con autobus elettrici dà un’idea di quanto si possa cambiare il modello, e di quanto si possa limitare l’impatto ambientale del trasporto urbano».
Una vera rivoluzione…
«Sì. Una rivoluzione in due ondate. La prima è rappresentata dall’introduzione dei bus elettrici. Poi ci sarà la seconda ondata della rivoluzione elettrica del trasporto, che cambierà il modo in cui pianificheremo le nostre città, sulla base della disponibilità di autobus elettrici. Penso anche, semplicemente, alla possibilità di avere fermate degli autobus al coperto, vista l’assenza di emissioni allo scarico. Un solo cambiamento che è già una vera rivoluzione.Un cambiamento del city planning, per portare i bus all’interno degli ospedali, delle biblioteche, dei centri commerciali, per portare i bus più vicini ai passeggeri e portare le linee dove prima finora non è stato possibile a causa del rumore e dell’inquinamento».
Håkan Agnevall, lei ha detto che il diesel nel settore dei bus scomparirà. Ma perché avete smesso di produrre anche gli autobus urbani a gas?
«Il gruppo Volvo vede un futuro nel Cng per truck e bus impiegati sulle lunghe distanze. Ma per i bus urbani non è una buona soluzione perché non è efficiente dal punto di vista energetico. Con la stessa quantità di gas con la quale si fa viaggiare un autobus si può produrre elettricità sufficiente a far viaggiare tre bus urbani. Meglio dunque impiegare il Cng per produrre elettricità che poi ricaricare le batterie dei bus, piuttosto che usarlo per alimentare direttamente il motore dei bus. È una questione di efficienza, una legge della fisica, non una scelta arbitraria del gruppo Volvo».
Paolo Barilari
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