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Prosegue senza sosta l’iniziativa dei Radicali per “aprire il mercato” del TPL. Un’impresa senza precedenti per dire addio, una volta per tutte, al monopolio ATAC.

C’è una rivoluzione, silenziosa e non violenta, che sta elettrizzando Roma. Ed è una rivoluzione scandita a colpi di firme su carta, partita in sordina a maggio, ma che giorno dopo giorno – malgrado bastoni tra le ruote, e boicottaggi di poteri più o meno forti – sta entrando nel cuore dei romani. Soprattutto di quelli che, quotidianamente, si confrontano con quello che è considerato uno dei peggiori servizi di trasporto pubblico, e con l’azienda che lo gestisce. Vale a dire la famosa ATAC (Azienda Tranvie e Autobus del Comune di Roma), che riassumiamo in cifre: 15mila dipendenti, oltre un miliardo e 100mila milioni di debito, 2000 autobus di cui, ogni giorno, ne partono appena 1200, e dei quali almeno 300 sono costretti a chiedere riserva per guasti, anomalie o problemi vari. La strategia dei Radicali – principali promotori dell’iniziativa – è quella di raccogliere 30mile firme entro l’inizio del prossimo agosto, affinché la prossima primavera possa tenersi (magari, in occasione di qualche altra tornata elettorale: come le Regionali, per esempio) un referendum per decidere l’assetto da dare al TPL della città.

Referendum Atac, ecco il testo

“Volete voi che, a decorrere dal 3 dicembre 2019, Roma Capitale affidi tutti i servizi relativi al Trasporto Pubblico Locale di superficie e sotterraneo, ovvero su gomma e su rotaia, mediante gare pubbliche, anche a una pluralità di gestori e garantendo forme di concorrenza comparativa, nel rispetto della disciplina vigente a tutela della salvaguardia e la ricollocazione dei lavoratori nella fase di ristrutturazione del servizio?””. La scelta, in soldoni, è tra il mantenere le cose come stanno (il Comune di Roma Capitale ha sempre affidato “in house” il servizio di trasporto pubblico ad ATAC) o, altrimenti, imprimere una svolta in direzione della concorrenza e del mercato, mettendo a gara tale servizio. Magari suddividendolo per lotti, o per gruppi di linee. Esattamente come avviene in molte altre nazioni, e proprio come si sta valutando di fare a Milano.

Referendum sul tpl di Roma

Se il referendum dovesse svolgersi, come previsto, nella primavera del 2018, sono in molti a sostenere che il partito della liberalizzazione avrebbe facile vittoria. L’esasperazione verso il disservizio di ATAC ha ormai superato ogni limite di sopportazione: la gestione di un’azienda considerata, da tempo, “tecnicamente fallita”, e che da anni non riesce più a rispettare il contratto di servizio con il Comune di Roma Capitale, è ormai prossima allo sbando, e ad aggravare una percezione di giorno in giorno sempre più negativa concorrono varie ragioni: oltre ai colossali scandali come quello delle numerosissime misteriose assunzioni per “Parentopoli”, c’è l’inquietante vicenda dei biglietti falsi, per la quale si ipotizzerebbe che, la stessa ATAC, abbia avuto al suo interno una sorta di “stamperia clandestina” che avrebbe, di fatto, prodotto un valore finanziario di cui, forse, non si verrà mai a conoscere l’ammontare. Prevale però, su tutto, una flotta di automezzi obsoleta: l’età media dei bus romani è ben oltre dieci anni, benché la recente immissione in servizio dei 150 Urbanway in leasing, abbia leggermente migliorato una situazione prossima al disastro, aggravata anche dalla frequenza con cui i mezzi – per scarsa o nulla manutenzione – prendono fuoco, e per la quale sono in molti a prefigurare il commissariamento.

Radicali, Atac non ha lo scopo di fornire un servizio tpl

Per i Radicali il problema fondamentale è la gestione politica con cui negli anni è stata amministrata ATAC. “Il vero scopo dell’azienda – spiega il segretario Riccardo Magi – non è mai stato quello di fornire un servizio pubblico, bensì soddisfare il clientelismo di partiti e sindacati e per altri tipi di favoritismi. Basti pensare solo alle oscure vicende legate alle forniture dei pezzi di ricambio per gli autobus, da cui è emerso come ATAC si fosse trovata a pagare cifre assolutamente fuori mercato per onorare contratti che, evidentemente, favorivano alcuni fornitori”. La “gallina dalle uova d’oro”, come la definisce Magi, rischia ora il tracollo. E questo progressivo, incalzante stato di cose ha recentemente portato alla ribalta l’iniziativa dei Radicali, che proprio in questo fine settimana mettono in strada un numero vastissimo di postazioni di raccolta delle firme per il referendum (tutte le informazioni si trovano sul sito http://mobilitiamoroma.it). Referendum che intende proporre il passaggio dal sistema attuale (dove controllore e controllato coincidono, e dove per di più il Comune di Roma si guarda bene dal sanzionare ATAC per i propri disservizi) a una netta distinzione di ruoli. Perché qualora l’iniziativa referendaria avesse successo, entrerebbero sì nel mercato nuovi operatori, privati o misti, che si affiancherebbero alla stessa ATAC (che potrebbe, a sua volta, partecipare alle gare), ma al Campidoglio spetterebbe l’onere di realizzare una programmazione strategica del servizio di trasporti, analizzando la domanda dei cittadini, per poi costruire un bando di gara ad hoc. “Il Comune a quel punto eserciterebbe un controllo sul soggetto privato che ha vinto la gara”, spiega Magi. Come a dire che il controllore è una cosa, e il controllato è un’altra.

Il problema occupazionale? Non esiste

Ma che conseguenze potrebbe avere una rivoluzione di questo genere? La preoccupazione di molti – sostenuta negli anni anche dalla politica tradizionale – è verso la difesa dei posti di lavoro in ATAC. Preoccupazione emersa tangibilmente in alcuni episodi di intolleranza, sfociati anche in violente aggressioni ai militanti Radicali impegnati nella raccolta delle firme. Si dice che la liberalizzazione del servizio porterebbe a un ridimensionamento (o addirittura, al “dissolvimento”) di ATAC, con ripercussioni sfavorevoli sul personale. Mentre invece il progetto dei Radicali è finalizzato a una sana concorrenza, che oltre a non mettere a rischio i posti di lavoro di autisti e tecnici (che verrebbero ricollocati presso le altre aziende vincitrici dei bandi di gara), prevede comunque – per le altre categorie – adeguate forme di tutela e di riqualificazione in altre mansioni, o in altre aziende. “La parte del contratto che potrà essere toccata è unicamente quella integrativa, o di secondo livello: quella che riguarda la produttività – ricorda Alessandro Capriccioli, segretario dei Radicali di Roma – e noi crediamo che questo sia giusto perché ATAC, in Italia, è l’azienda di trasporto pubblico che ha la produttività peggiore”.

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