Milano-Monaco con Flixbus. Il racconto
Milano Lampugnano è tutto tranne che una bella stazione. E’ sporca, sprovvista di qualsiasi informazione e con un indice di accoglienza da terzo mondo. Ma non ci si può fare niente, è da qui che si parte, è l’autostazione più importante di Milano. Sì, la città di Expo 2015. L’appuntamento è per la tarda mattinata […]
Milano Lampugnano è tutto tranne che una bella stazione. E’ sporca, sprovvista di qualsiasi informazione e con un indice di accoglienza da terzo mondo. Ma non ci si può fare niente, è da qui che si parte, è l’autostazione più importante di Milano. Sì, la città di Expo 2015. L’appuntamento è per la tarda mattinata di un venerdì di fine novembre, da una Milano che si tuffa controvoglia in un inverno luminoso e freddo. Direzione Monaco. Il due piani Setra S 431 arriva una trentina di minuti prima della partenza prevista per 12.15. Alla guida l’ungherese György della Helmut’s Reisen di Markt Schwaben (città vicina a Monaco). Il due piani su cui viaggiamo ha tre mesi di vita e ha già macinato 128mila chilometri. Un mulo che non si ferma mai se non tre ore a Torino e due a Monaco (la stessa azienda copre anche un’altra linea, la Monaco-Amburgo con un Setra Hd). L’ungherese, alto, grosso, disponibile e gentile sale a bordo. Il sei cilindri in coda si accende alle 12.21. Si parte.
Ci si lascia alle spalle una Milano che ha già la testa nel week end e si punta il Nord verso quelle Alpi innevate che chiamano. Il tuffo nella Como-Chiasso è immediato, la imbocchiamo alle 12.50 e sei minuti dopo siamo in Svizzera.
Da qui inizia lo spettacolo, soprattutto per noi che viaggiamo al piano alto. La vista è davvero impagabile soprattutto per chi ha sempre solcato queste strada a raso asfalto seduto sulla propria automobile. Si rimane a bocca aperta davanti ai colori di un autunno arancione giallo che si rispecchia nei laghi svizzeri.
Salendo è la neve a farla da padrona, una neve che a fine novembre a noi italiani accende l’effetto sorpresa. Alle 13.28 sul cartello si legge Bellinzona, 75 chilometri al San Gottardo, ma soprattutto è il San Bernardino che si avvicina.
L’autobus da 81 posti accoglie per questo viaggio 35 persone, per lo più straniere. Si sonnecchia, si legge, si mangia all’interno di un Setra che scivola senza problemi sull’asfalto svizzero. Merito anche del sapiente piede di György. Il silenzio colpisce. Anche le telefonate dei passeggeri sono sopportabili e ci fanno dimenticare le urla tipiche del Freccia Rossa. Peccato per il wifi, che qui non funziona.
La piramide del Bernardo ci aspetta. György attaccato al quadrirazze sfodera tutta la sua esperienza sulle curve in salita che portano al punto più alto. E tra la quarta e la quinta e il motore che oscilla tra i 1.300 e i 1500 giri si arriva in cima. Il termometro segna zero gradi, il sole splende sull’asfalto segnato dal sale. In cima il ‘coach’ ci concede 30 minuti, perfetti per un caffé che qui sembra essere un bene prezioso. Tre euro per un espresso, benvenuti in Svizzera.
Si riparte alle 14.36 precisi e puntuali in un deserto bianco e silenzioso. Ora è arrivato il momento di affrontare la via Mala, una tra le arterie montane più panoramiche e spettacolari d’Europa che ci consente di arrivare negli inferi di una Svizzera diversa da quella che conosciamo ma per questo non meno affascinante. Ora il tre assi di Ulm punta senza indugi verso Coira. A Thusis la strada si allarga, diventa autostrada e la velocità si alza, le montagne si allontanano dalla sede stradale e la valle si illumina. Si punta il fondo del lago di Costanza (E43) per lasciare sulla destra Zurigo e scivolare verso il Liechtenstein. Su alcuni tratti a volte si viaggia a singhiozzo a causa del fondo in cemento, ma l’assale anteriore, per fortuna, risponde bene.
In Liechtenstein sono le 15.44. Il castello dei Reali sulla destra sembra impassibile dinnanzi al mondo che cambia. Le nuvole basse ci riportano all’ordine: Monaco è a 243 chilometri. Intanto il sole cala, le luci in cappelliera si accendono e il wifi continua a non funzionare. Ora l’obiettivo Bregenz e, passando per una trafficatissima Diepoldsau, si guadagna l’autostrada e il confine. In Austria sono le 16.16, neanche il tempo per prendere le misure che imbocchiamo la E60 con il naso puntato a Lindau, dove arriviamo alle 16.32. Sosta di 30 minuti, caffé, un po’ di sano colesterolo assunto per via orale e si riparte. E’ diventato buio.
«Perché prendo l’autobus? Perché è comodo, mi costa meno di qualsiasi altra opzione». Si chiama Elena, ha 33 anni. Ha studiato in Italia ma è l’Europa la sua casa. «Vivo a Genova da qualche giorno. Mi sono appena trasferita, prima ero in Francia, poi ho lavorato in Germania. Viaggio molto per lavoro e Flixbus fa al caso mio». Elena è una cittadina del mondo, forse non l’ha scelto, ma nel personaggio ci sta benissimo.
Si riparte alle 17.04, è sera, ci sono tre gradi centigradi all’esterno. Il traffico, a quanto pare, non è solo un affare italiano. Ora Monaco è alla portata. 170 chilometri da fare immersi in un buoi umido e stanco. Ai lati della strada si accendo le luci, anche quelle di Natale. Alle 18.50, orario previsto di arrivo, la puntualità tedesca s’infrange sul muro del traffico in entrata in città. Niente di grave, alle 19.00 spaccate il motore si spegne. Monaco, stazione di Monaco. E l’autostazione bavarese è qualcosa di diverso. Lampugnano è lontana ancor più dei 450 chilometri che abbiamo percorso in sei ore. Grazie Flixbus. Grazie György. Alla prossima.