Jobs Act & tagli al trasporto persone
di Gianluca Celentano Ma quanto ha contribuito il JOBS ACT nel nostro settore? Forse solo due anni, da quel D.L. del marzo 2014 non sono molti per azzardare delle valutazioni, tuttavia alla luce dei fatti e delle possibilità di lavoro presenti sul nostro territorio, credo che qualcosa si possa affermare. Le normative precedenti erano forse […]
di Gianluca Celentano
Ma quanto ha contribuito il JOBS ACT nel nostro settore? Forse solo due anni, da quel D.L. del marzo 2014 non sono molti per azzardare delle valutazioni, tuttavia alla luce dei fatti e delle possibilità di lavoro presenti sul nostro territorio, credo che qualcosa si possa affermare. Le normative precedenti erano forse un po’ troppe lontane dal concetto di lavoro europeo che ci hanno imposto e in qualche modo necessitava intervenire fosse solo per la velocità con cui oggi giorno si evolve la tecnologia, l’economia e la richiesta e risposte dei servizi.
Oltre i parecchi dubbi suscitati sull’efficienza del jobs act come riforma, credo che questo Decreto andasse applicato – e politicamente spiegato – già alla fine degli anni ’90 come concetto di novità lavorativa, fosse solo per evitare le interferenze attuali con i tagli dei fondi ai trasporti, già percepiti agli inizi degli anni duemila.
Certo, ma chi si sarebbe preso la responsabilità di tale riforma rivoluzionaria? Associare quindi i tagli chilometrici e stabilità lavorativa diventa problematico a prescindere purtroppo dalla qualità e professionalità delle persone. Nella realtà dei fatti e nei peggiori scenari, i tagli chilometrici hanno portato alla cancellazione di piccole realtà aziendali, conquiste ma soprattutto posti di lavoro, mentre nei casi migliori, all’integrazione in nuovi gruppi, dove, però, è il personale già esistente ad esercitare il servizio e non nuove risorse di autisti assunti se non in limitate unità e difficilmente over 40.
Questa condizione di soppressione di linee e collegamenti, se da un versante ha permesso di creare nuovi appalti agli esercenti in gara, ai quali però è perentorio un minimo comune denominatore, ovvero il costo chilometrico più basso, non è roseo dal versante opposto, ovvero sulla qualità del servizio svolto in taluni casi e circa il personale alla guida, i conducenti, i quali vivono periodi di lavoro precario rinnovabile e senza assolutamente nessuna concreta prospettiva futura, nonché con salari ai minimi termini di vivibilità. I fondi per la mobilità sostenibile di una società sono fondamentali così come lo sono per la sanità e la scuola e a fatica riesco ad immaginare dei settori così delicati padroneggiati e pilotati solo dal rendimento economico e usufruiti di conseguenza solo da chi può accedere al servizio stesso.
Ben vengano comunque in questo quadro riassuntivo iniziative internazionali di trasporto persone low cost ma ancor più benvenute, a mio avviso se offriranno concretamente nuovi posti lavorativi in Italia per un futuro incernierato sempre più sul trasporto collettivo.