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Un piano industriale che poggia su un presupposto: le gare dei grandi bacini metropolitani si faranno. Roma? Una possibilità. E il mercato interregionale? Una certezza. Autobus ha incontrato Stefano Rossi, milanese di nascita, ingegnere, classe 1970, amministratore delegato di Busitalia Sita Nord.

Il piano industriale 2017-2026 del Gruppo Fs pone a Busitalia l’obiettivo di raggiungere il 25 per cento del mercato tpl italiano. Considerando che i primi tre operatori italiani oggi producono il 20 per cento del totale, l’obiettivo che vi è stato affidato appare davvero impegnativo… Non crede?

«No, non credo. Il nostro obiettivo si basa su un presupposto fondamentale: quello che venga rispettata la scadenza del 2019 come termine del periodo transitorio dal Regolamento  Europeo 1370 per fare le gare in Italia. Se questa scadenza, come credo, sarà rispettata, quello che ragionevolmente accadrà è che ci sarà, finalmente, una forte concentrazione del mercato».

…Francia docet?

«Certo. In Francia, prima della riforma, operavano più di duemila aziende mentre oggi il mercato è coperto sostanzialmente da tre grandi gruppi. L’Italia soffre di nanismo. Infatti, tranne le dimensioni significative di Atm Milano e Atac Roma, dovute al loro mercato e non alle attività industriali extra moenia, tutte le altre aziende sono troppo piccole, noi compresi. Lo scenario cambierà solo se i grossi bacini metropolitani andranno a gara».

La partita è proprio questa. Lei è così convinto che Milano, Roma e la stessa Bologna andranno a gara? Oppure vista la complessità del sistema e gli interessi in gioco si arriverà a un affidamento in house?

«Noi siamo convinti che le gare ci saranno. Gli enti affidanti saranno tanto più coraggiosi quanto più il mercato li incoraggerà ad esserlo. Il fatto che un gruppo come Fs dimostri che c’è e che è interessato ai grandi bacini metropolitani è un elemento che inietterà coraggio nei decisori»

Quello del Transport of London è il modello a cui tutti aspirano: grandi gare e piccoli lotti. L’Italia sembra, invece, andare verso la direzione opposta, Toscana e Friuli ne sono due esempi. Secondo lei, o meglio secondo il suo gruppo, qual è il modello migliore per una gara di servizio?

«In Italia abbiamo un enorme problema: i regolatori sono troppo deboli. A  Londra si riesce a fare quello che dice lei perché la London Transport è un ente fortissimo che ha la possibilità di mettere a gara anche le singole tratte con un grande potere regolatorio.

In Italia il conflitto regolatore-regolato, che ha governato gli ultimi anni del nostro settore, ha fatto sì che il know-how non sia nel regolatore ma nell’azienda del regolatore. E questo ha fatto sì che oggi gli uffici che gestiscono le gare e i contratti siano, di fatto, molto destrutturati».

Il modello di Londra è impraticabile qui da noi?

«Io direi, allo stato, utopistico perché i regolatori sono troppo deboli. Sarebbe auspicabile una fase di net cost con un regolatore più forte in modo da eliminare il conflitto di cui sopra».

Cambiamo argomento. L’offerta che avete presentato a Parma è stata bollata da alcuni media come «un’offerta aggressiva»…

«L’offerta che abbiamo presentato a Parma non deve essere bollata con l’aggettivo ‘aggressivo’ ma come un’offerta di grande qualità. Nel nostro piano industriale abbiamo creduto tantissimo sulla possibilità di invertire il trend ‘bassa qualità – bassa domanda’ e puntare sulla qualità totale. E all’interno dei paletti della gara di Parma abbiamo fatto un’offerta privilegiando gli investimenti con uno sconto, tra l’altro, molto simile a quello fatto da Tep. Una cosa è sicura. Faremo importanti piani di rinnovo coerenti con il piano industriale di gruppo. Per cui non è un’offerta aggressiva ma di grande attenzione ai cittadini e al territorio parmense».

In occasione dell’ultimo congresso nazionale di Asstra Renato Mazzoncini, amministratore delegato di Fs, ha dichiarato che il suo gruppo «ha il dovere di occuparsi degli anelli deboli della mobilità». E ha citato, per fare un esempio di anelli deboli, Atac Roma. Busitalia ha davvero un interesse per l’azienda romana?

«L’interesse è assolutamente reale per quanto riguarda il mercato della mobilità di Roma che è una cosa molto diversa dal dire che siamo interessati ad Atac. Un conto è l’azienda e un conto è il servizio. Ma questo non è oggetto di discussione, almeno oggi».

E cosa lo è?

«Guardi, se un giorno ci sarà una gara che premia un’offerta seria per il mercato della mobilità capitolina, Busitalia, magari non da sola, sarà uno degli attori».

Spostiamo l’attenzione sulle gare di acquisto per il materiale rotabile. In un recente censimento si parla di un gruppo, il vostro appunto, che dispone di 2.300 autobus. La gara che si sta avviando verso le fasi conclusive prevede l’acquisto di 1.300 autobus. Un rinnovo pesante…

«Certo, le nostre gare sono coerenti con il nostro piano industriale. Abbiamo fatto una stima sommando i rinnovi dei bacini su cui già operiamo e di quelli in cui intendiamo operare nei prossimi tre anni e abbiamo conseguentemente bandito dei contratti quadro con una capienza forse insufficiente».

Sempre in quella gara sono previsti tre lotti di Classe III. State guardano ad altri settori o è un mero rinnovo del parco?

«Stiamo facendo entrambe le cose».

Sempre in tema di gara di acquisito di materiale rotabile, che idea vi siete fatti della gara Consip?

«Quando ci sarà la giudicheremo».

«Il modello Flixbus non mi piace però questa è una nicchia importante da presidiare», disse l’Ad di Fs presentando il nuovo piano industriale.

Il mercato della linea interregionale è oggi appannaggio di operatori storici e di Flixbus. Come intendete approcciare il segmento? Conferma l’interesse del suo gruppo di acquisire, quote o la maggioranza, di due grandi player italiani?

«Sì, confermo che intendiamo entrare in questo settore e lo faremo in tempi molto rapidi cercando di valorizzare quelli che secondo noi devono essere i punti di forza di un’offerta di questo tipo: sicurezza dell’offerta e una solidità in termini di modello industriale. Ma non solo. Secondo la nostra visione il cliente deve avere molto chiaro con chi sta viaggiando quando compra un biglietto».

Cosa pensa dell’ormai famoso emendamento, poi diventato legge, inserito nel Milleproroghe e diventato celebre come legge anti Flixbus? È lo specchio di un sistema economico che si avvita su se stesso o invece è un provvedimento che mette ordine a una situazione anomala?

«La mia opinione è che i fondatori di Flixbus abbiano inizialmente avuto un’idea geniale ma che oggi può non bastare più. Dopo di che credo che tutte le cose fortemente innovative oggi richiedano un quadro regolatorio  più definito. Ho grande rispetto per Flixbus e voglio competere sul merito».     

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