Flixbus, un’estate da 70 per cento di passeggeri in più
Flixbus, nell’estate 2017 in Italia sono saliti a bordo un 70 per cento di passeggeri in più rispetto all’anno precedente. La startup tedesca ha reso recentemente noto il roseo bilancio, basato sui dati delle prenotazioni nei mesi di giugno e luglio e sulle previsioni relative al mese di agosto. «In due soli anni l’autobus si è […]
Flixbus, nell’estate 2017 in Italia sono saliti a bordo un 70 per cento di passeggeri in più rispetto all’anno precedente. La startup tedesca ha reso recentemente noto il roseo bilancio, basato sui dati delle prenotazioni nei mesi di giugno e luglio e sulle previsioni relative al mese di agosto. «In due soli anni l’autobus si è definitivamente affermato come mezzo di trasporto alternativo a treno, aereo e soprattutto all’auto privata», gongola il managing director di Flixbus Italia Andrea Incondi.
Flixbus, in Italia cresce più che altrove
Venezia e Lecce guidano la classifica delle mete estive per il viaggiatore tipo degli autobus Flixbus. In Italia, dove a luglio si è chiusa la lunga vicenda legata agli emendamenti cosiddetti “anti Flixbus” più volte ratificati e annullati dal parlamento, l’aumento dei passeggeri si colloca su un trend di aumento superiore rispetto a quello registrato nel quadrante europeo: nei paesi del vecchio continente in cui Flixbus è presente, l’incremento delle prenotazioni si è attestato in media attorno al 30%. E se la Serenissima e il capoluogo del Salento guidano la classifica delle mete top per l’estate italiana, seguite da Bari, Napoli e Roma, all’estero primeggiano Parigi e Francoforte, seguite da Monaco di Baviera, Nizza e Zagabria.
A crescere, nel frattempo, prosegue la nota diramata dagli uffici di Flixbus, è anche il numero di quanti utilizzano l’autobus per recarsi in aeroporto, e da lì partire alla volta di altre destinazioni. La rete dei bus verde fluo, che in Italia conta 170 destinazioni, raggiunge infatti anche gli aeroporti di Milano Malpensa, Bergamo Orio al Serio, Venezia e Roma Fiumicino. «Siamo orgogliosi di aver contribuito a questo cambiamento culturale – il commento di Incondi -, a vantaggio della flessibilità e libertà di scelta di chi viaggia».