Conducenti con i voucher
di Gianluca Celentano (conducente bus) Eh già, le statistiche parlano chiaro: + 32 per cento di voucher per le collaborazioni lavorative; l’ Inps e il Ministro Poletti si dicono soddisfatti ma come se la passano i lavoratori conducenti di autobus? Il dito non va puntato verso le aziende che adoperano ciò che i decreti legge […]
di Gianluca Celentano (conducente bus)
Eh già, le statistiche parlano chiaro: + 32 per cento di voucher per le collaborazioni lavorative; l’ Inps e il Ministro Poletti si dicono soddisfatti ma come se la passano i lavoratori conducenti di autobus? Il dito non va puntato verso le aziende che adoperano ciò che i decreti legge mettono loro a disposizione – anche se spesso c’è un freddo cinismo –, ma semmai verso una condizione di permanenza nella precarietà più assoluta che gli ideatori della riforma del lavoro hanno forse volutamente sorvolato favorendo una professionalità subordinata e suddita.
La piccola e media impresa di trasporti, in questo contesto, non fa differenza contrattuale tra i propri autisti, quindi non comprende le difficoltà di chi, collaborando “a voucher”, conduce una giornata lavorativa fine a se stessa senza sapere cosa sarà di lui il giorno dopo; con comprensibili tensioni e preoccupazioni molto superiori rispetto a chi possiede un contratto indeterminato.
Ma come si può richiedere professionalità con la costanza della precarietà? La passione potrebbe essere una risposta ma da sola non basta ovviamente. Tanto più che al minimo errore del conducente o perché non si sta più simpatici al capo rimessa, essere lasciati a casa è la cosa più frequente e oserei aggiungere più vigliacca ed egoista. Ma questa è la regola e i colleghi starebbero ore intere a parlarne. Non solo: una volta compromesso un rapporto di lavoro, diventa assai difficile se non impossibile trovarne uno nuovo in tempi decenti.
Ebbene, forse più che con una simile riforma del lavoro, sarebbe stato più efficace agire con più decisione nella defiscalizzazione del lavoro, invece di penalizzare i più deboli, gli autisti. Non posso non ammirare le realtà storiche italiane, come Marino, Trotta, Simet e Autoguidovie (tanto per fare alcuni nomi della lunga lista), le quali, pur con enormi sforzi, continuano a rispondere alle richiesta di servizi e di lavoro offrendo contrattazioni “normali” ai propri dipendenti. Anche se inizialmente ha prodotto molti interrogativi tra i conducenti, va detto per correttezza che anche BusItalia sta cercando di dare risposte concrete al fallimento economico di società di trasporto, promettendo un futuro ai loro dipendenti .
A questo proposito, l’augurio dei colleghi e delle parti sociali con cui ho colloquiato è che si possa intervenire a breve sui pensionamenti, abbattendo anche odiose barriere di età per le assunzioni – vista la gravità del periodo – ma anche sulla politica fiscale, in modo che le realtà europee che fanno profitto in Italia abbiano obblighi di investimento dei ricavati nel nostro Paese.