Collegamenti umanitari, ma chi rimborsa? La speranza viaggia sul pullman
di Gianluca Celentano Con il dramma dell’immigrazione che l’Italia in particolar modo sta fronteggiando da sola e gestendo al meglio e con le proprie risorse, molte società di trasporto persone sono state interessate dalle rispettive Prefetture per fornire collegamenti verso i centri di accoglienza. Io stesso, come conducente sono stato interessato a svolgere alcuni servizi […]
di Gianluca Celentano
Con il dramma dell’immigrazione che l’Italia in particolar modo sta fronteggiando da sola e gestendo al meglio e con le proprie risorse, molte società di trasporto persone sono state interessate dalle rispettive Prefetture per fornire collegamenti verso i centri di accoglienza.
Io stesso, come conducente sono stato interessato a svolgere alcuni servizi umanitari di questo genere per i quali espongo alcuni aspetti strutturali di questo impegno. Credo sia necessario in primo luogo evidenziare che in virtù dell’urgenza di questo fenomeno costante, molti conducenti sono dirottati in questa specifica attività senza una formazione iniziale, che potrei sintetizzare in tre punti essenziali a mio avviso; norme igieniche individuali, preparazione psicologica e collaborazione con le forze di polizia – marcia in colonna con scorta, etc.
Ma vediamo come inizia la ricerca del “vettore”: a fronte di liberare i centri d’accoglienza nel sud Italia e in special modo in Sicilia, gli Uffici periferici del Ministero dell’Interno, le Prefetture di competenza, contattano i gestori di autoservizi/autolinee che rispondono a precisi criteri di valutazione tuttavia non mi è noto chi stabilisca i costi dell’esercizio. A questi prescelti, viene praticamente “precettato” l’impegno di collegamento da un centro d’accoglienza ad un’altro qualora vi sia la necessità.
I conducenti viaggiano molto spesso in due, interscambiandosi alla guida, anche se il servizio rientra in uno “stato di necessità” a volte poi, può esserci la presenza della polizia stradale come scorta.
I costi di questo servizio poi, sono uno degli aspetti che più pesano nelle tasche delle aziende se consideriamo infatti tratte di mille chilometri, il consumo di gasolio, l’usura del pullman, la manutenzione, il costo del personale e non per ultima l’igienizzazione repentina del mezzo (dopo ogni corsa) processo costoso che di norma avviene una volta all’anno. Al di la dello spirito umanitario del comparto già in crisi per scarse risorse economiche che minano servizi, linee e occupazione, queste spese aggiuntive non rientrano certo in un roseo presagio per il futuro, soprattutto se non rimborsate nei tempi stabiliti.
Utilizzare autobus dello Stato – forze di polizia, militari, Croce Rossa e Vvff – già preventivamente messi in bilancio nei costi pubblici, potrebbe essere una risposta ad un uso più ridotto del gestore privato ma per l’entità di questo angoscioso dramma questi autobus non sarebbero molto probabilmente sufficienti.
Durante i lunghi viaggi verso i centri di accoglienza, ci si accorge della compostezza e rispetto dei nostri passeggeri, a volte sembra di viaggiare vuoti.
Forse increduli di fronte a tanta tecnologia e novità di quell’Europa tanto desiderata e osservata dal proprio finestrino, che con mille speranze e sogni si abbandonano in un sonno sereno. Ho percepito l’umanità e la sensibilità (e di questo ne sono fiero) dei miei colleghi autisti nei loro discorsi una volta giunti a destinazione, dalle loro parole si scandivano toni di altruismo per il dramma migranti. Un aspetto da sottolineare soprattutto considerando le gravi problematiche di un settore che oggi più che mai sembra non ascoltato ma anzi dimenticato.