Cazzani, Anav Lombardia: «Le aziende devono poter programmare il proprio futuro»
«Auguri al ministro Toninelli: Confindustria e di conseguenza Anav confermano la propria disponibilità al confronto e al dialogo. Con l’auspicio che si trovino soluzioni ai temi più scottanti e si lavori in squadra per un interesse comune: la crescita economica». Da Anav Lombardia, tramite il presidente Alberto Cazzani, si rinnova l’invito al dialogo col ministero. […]
«Auguri al ministro Toninelli: Confindustria e di conseguenza Anav confermano la propria disponibilità al confronto e al dialogo. Con l’auspicio che si trovino soluzioni ai temi più scottanti e si lavori in squadra per un interesse comune: la crescita economica». Da Anav Lombardia, tramite il presidente Alberto Cazzani, si rinnova l’invito al dialogo col ministero.
Temi caldi? Uno su tutti, naturalmente: la legge sulla concorrenza. «Le aspettative sono alte – così Cazzani -. La passata legislatura ha partorito un topolino e il nostro settore non è stato coinvolto. Più volte e da tanti anni ormai, stiamo auspicando la liberalizzazione dei servizi pubblici a rilevanza economica. Una decisa liberalizzazione dei servizi potrebbe dare una spinta formidabile alla crescita del Paese. E con numeri importanti. Ancora nel 2017 (da allora non sono stati aggiornati i rilevamenti) il Mise stimava un aumento del 3,3% del Pil, in cinque anni. E ancora un +4,16% dei consumi, +3,69% degli investimenti, +1,66% dei salari reali e +4,94% della produttività del lavoro. Altre stime arrivano ad un aumento del Pil di 10/12% in 10 anni. Banca d’Italia quantifica una crescita sul lungo periodo pari all’8% dell’occupazione! Al contrario assistiamo alla costruzione di un monopolio di fatto. Fs e le sue partecipate stanno gareggiando – male, perdendo e facendo ricorso al Tar – un po’ ovunque in Italia per controllare il trasporto pubblico su strada. Al contrario sono necessarie molte più gare (fatte con regole certe e inoppugnabili), una rideterminazione dei piani di bacino e un nuovo equilibrio dei servizi ferro/gomma. Il ministro Toninelli, sia nella scorsa legislatura sia in campana elettorale, ha preso delle posizioni che ci fanno sperare in un cambio di passo. Speriamo che non ci deluda».
Un anno fa, in un’intervista ad AUTOBUS, in merito alla gara di Pavia, lei dichiarava: «Il processo di liberalizzazioni in Italia è solo uno specchietto per le allodole. Le liberalizzazioni sembrano più uno strumento di potere economico che di miglioramento dei servizi per i cittadini». La proposta di Fs per il rinnovo della flotta di Trenord pare essere una conferma di questo ragionamento…
«L’operazione risponde a tutte le storture che denunciamo da sempre. Quella di Fs – per espressa volontà del suo amministratore delegato Mazzoncini – è una scalata che non ha nulla a che vedere con il miglioramento del servizio. Il tema del miglioramento del servizio all’utente lombardo passa in primis attraverso una profonda ristrutturazione della rete, prima che dei treni. E il focus sulla rete deve essere una priorità a prescindere dalle operazioni di governance. Regione Lombardia deve prendere il telefono e chiedere ad Rfi di fare ciò che è il suo oggetto sociale: tenere in ordine le rotaie. Questo è il problema, che è passato totalmente in secondo piano. 10mila dei miei concittadini vigevanesi (su 60mila) sono utenti Trenord: i disservizi sulla Vigevano – Milano sono stranoti e dovuti in grandissima percentuale allo stato della rete, non dei treni».
Tra le richieste principali di Anav c’è quella di definire i livelli di servizio tramite una complementarità ferro – gomma che consenta di offrire un servizio il più adeguato ed efficiente possibile. L’integrazione modale, del resto, è anche una delle bandiere del piano industriale di Busitalia – Fs…
«Il monopolio è un meccanismo economico che in alcuni casi può funzionare e ha funzionato, in alcuni casi ha aiutato la crescita di alcuni paesi, ma che va superato. Superare il monopolio significar creare l’humus, l’ambiente in cui ci sia una sana e trasparente competizione tra operatori di pari grado che portino ad aver un servizio più efficiente nei confronti dell’utente, che è quello che crea la domanda. Non si può pretendere di controllare un settore che l’Europa e l’Antitrust chiedono che venga reso più libero.
L’integrazione modale è un’altra cosa. È fare una mobilità easy, facile, fare in modo che l’utente sia in grado di leggere con strumenti interattivi, con app, quali sono le interazioni ferro-gomma, creare luoghi amichevoli dove si scambiano i mezzi di trasporto. Le autostazioni italiane sono una vergogna».
Diamo uno sguardo agli altri modelli in Europa. In Francia abbiamo 5 grandi aziende che si dividono il mercato.
«Non proprio. In Francia ci sono, appunto, cinque grandi aziende, pressoché tutte di derivazione pubblica, che si spartiscono il mercato competendo l’una con l’altra. Ma ci sono anche più aziende private che in Italia, e più piccole, che si occupano del trasporto pubblico offrendo servizi sul territorio. Quel paese ha scelto un sistema che è riuscito a rendere efficiente. È un modello simile a quello tedesco, che ha una sola azienda di riferimento, Deutsche Bahn, e un numero anche qui enormemente superiore di aziende private sul territorio. Il modello non è quello a cui mira Ferrovie dello Stato, che prevede per Fs di crescere al 25 per cento nel trasporto pubblico locale».
Ci faccia un esempio
«Pensando alla Lombardia, Trenord che ha un affidamento diretto fino al 2021 con proposte di Fs di avere 15 anni in più secondo la formula 10 + 5. Atm anch’essa ha ottenuto proroga. Il perimetro Trenord più il perimetro Atm fanno i due terzi del mercato. Il sistema gare che si sta faticosamente cercando di mettere in piedi riguarderà in pratica un terzo del mercato. Se Fs vuole arrivare al 25 per cento vuol dire che vuole occupare quel terzo».
Prendiamo ad esempio un altro caso europeo. In Olanda lo Stato ha deciso che in due situazioni, nell’area di Amsterdam, la gara non deve essere espletata e si può procedere con affidamento diretto. In Italia, in casi che presentano una certa complessità, il privato è disposto ad aprire un ragionamento sull’affidamento diretto?
«Noi pretendiamo di poter programmare il nostro futuro. Pretendiamo, come operatori del settore, di avere la vision di chi ci governa. Qual è la loro vision? Ce lo dicano e si muovano coerentemente. Ci sono sistemi per essere efficienti in tutti i casi. Se si vuole fare un affidamento diretto, facciano il santo piacere di fare i benchmark, per mostrare quanto costano gli affidamenti diretti e poter fare il confronto con i costi in Europa. Se è adeguato bene, sennò gli affidatari diretti si devono adeguare. Ci sono i metodi per qualsiasi scelta politica. Però ci vuole una scelta chiara e azioni coerenti senza cambi di passo, perché le aziende pretendono di poter programmare il loro futuro. Può anche essere di doversi aggregare, di partecipare alle gare su perimetro largo o stretto, ma devono poterlo programmare. Ma vorrei aggiungere una cosa…».
Dica.
«Nell’attuale legislazione italiana è previsto che dove c’è un affidamento in house ci sia l’obbligo di mettere a gara il 10 per cento del perimetro. Chi l’ha mai fatto?».
Per chiudere, una battuta sul progetto di unione Anav – Asstra, di cui si parla da anni. Questo matrimonio s’ha da fare?
«Noi continuiamo a operare in Lombardia con reciproca soddisfazione. Riusciamo ad avere piattaforme tecniche comuni. Riusciamo a fare attività di associzione congiunta con la politica. Ciò è molto positivo e credo debba continuare. La criticità che si è sollevata recentemente è quella dell’inserimento nella dinamica Anav – Asstra di Agens, che si è rifiutata in area lombarda di attuare questa politica di collaborazione».