Alain Flausch, Uitp: il tpl è ora una priorità
Alain Flausch, belga, avvocato, classe 1950, sposato, due figli. Oltre al francese, al tedesco e all’inglese sfoggia una buona padronanza della lingua italiana. Segretario generale dell’Uitp dal 2011 in questi mesi è impegnato anima e corpo per l’organizzazione dell’Uitp di Milano. Autobus lo ha incontrato per fare il punto di una manifestazione che segnerà l’anno […]
Alain Flausch, belga, avvocato, classe 1950, sposato, due figli. Oltre al francese, al tedesco e all’inglese sfoggia una buona padronanza della lingua italiana. Segretario generale dell’Uitp dal 2011 in questi mesi è impegnato anima e corpo per l’organizzazione dell’Uitp di Milano. Autobus lo ha incontrato per fare il punto di una manifestazione che segnerà l’anno 2015. Una chiacchierata in cui si è parlato di finanziamenti, emissioni, mezzi alternativi e dove non è mancata una stoccata al nostro Paese « è urgente accelerare la rottamazione delle vecchie flotte sostituendo Euro 1, 2 e 3 con diesel pulito».
L’Uitp di Milano si sta avvicinando ad ampie falcate: quale sarà il tema principale della tre giorno meneghina?
«Il tema principale dell’Uitp di Milano è ben riassunto nello slogan che accompagna la comunicazione dell’evento cioè: Smile in the city. Un claim che riassume sia i temi a noi molto cari come la sostenibilità, l’innovazione, lo stile di vita, l’economia e la mobilità, ma si pone anche l’obiettivo di stimolare il confronto per spingere l’espansione del trasporto pubblico e per rendere le città luoghi più piacevoli in cui vivere e lavorare. Attraverso il programma del Congresso, punteremo il dito su alcune delle più importanti sfide con cui il tpl si dovrà confrontare: la rapida urbanizzazione, il cambiamento climatico, la ricerca di fonti di finanziamento alternative a quelle attuali e la ricerca di un approccio sempre vicino al cliente. In altre parole il tpl è chiamato a cambiare perché deve svolgere meglio e in modo più efficiente il proprio servizio tenendo in considerazione i mutati stili di vita. Nonostante queste sfide la parola ‘smile’ contenuta nello slogan rappresenta anche l’entusiasmo del settore che ha voglia e soprattutto le capacità per affrontare a testa alta le problematiche del futuro».
Il debito sovrano e la crisi economica hanno compromesso gli investimenti nel trasporto pubblico. In molti in Italia sostengono che la privatizzazione sia la soluzione giusta. È così?
In effetti la crisi ha avuto un profondo impatto sul trasporto pubblico in Europa, il che significa tagli di servizi e improvvisi aumenti delle tariffe. Scelte approntate per compensare il taglio dei finanziamenti pubblici. In effetti il tema dei finanziamenti non ha ‘una risposta giusta’ e soprattutto orizzontale ma ogni città ha le proprie specifiche esigenze. Anche se la pratica delle privatizzazione ha dato, in alcuni settori, dei buoni risultati è giusto ricordare che molte aziende tpl sono molto efficienti e rappresentano un’eccellenza. Il punto è un altro e si chiama: finanziamento. Per fornire un’elevata qualità nei trasporti pubblici è necessario innescare dei meccanismi di finanziamento adeguati e le esigenze di finanziamento del settore stanno aumentando in modo significativo a causa della crescente domanda, delle aspettative di qualità superiore e dell’aumento del costo dei fattori di produzione. Un finanziamento inadeguato può portare a un sostanziale peggioramento della qualità del servizio, il che comporta un minor numero di passeggeri e di entrate. Tra le raccomandazioni dell’Uitp c’è quella di rafforzare e diversificare il mix di finanziamento. Ciò significa, ad esempio, l’ottimizzazione dei ricavi tariffari (investire in servizi di migliore qualità attraverso tariffe eventualmente superiori), lo sviluppo di ricavi aggiuntivi attraverso servizi a valore aggiunto e l’applicazione di tasse sui beneficiari indiretti (gli automobilisti, imprese, datori di lavoro e proprietari di immobili) a finanziare il trasporto pubblico. Queste misure aiutano il trasporto pubblico a diventare più forti e ridurre la sua dipendenza dal denaro pubblico».
Privatizzazione e deregulation sono due facce della stessa medaglia anche se tra le due c’è una certa differenza. A Londra, per esempio, la deregulation ha funzionato molto bene. Cosa ne pensa a riguardo?
«Sono concetti in effetti simili anche se non del tutto; a Londra, tuttavia, anche se gli operatori sono privati lavorano in un mercato regolamentato. Quando il Regno Unito decise di privatizzare e deregolamentare il settore bus&coach (1980 ndr) la legge è stata applicata a tutto il paese con l’eccezione di Londra. Questo per dire che al di fuori di Londra c’è una concorrenza sullo stesso tratto di strada mentre a Londra la concorrenza è sui servizi che viaggiano su tracciati diversi in quanto il sistema della Transport for London prevede l’affidamento delle specifiche linee a operatori diversi. Nonostante siano gestite da privati tutti gli operatori di autobus di Londra sono conformi allo stesso schema di tariffa ma non è così fuori dalla capitale inglese. In altre parole: ad esigenze diverse si risponde con leggi differenti. Perché? Ecco perché. Il numero di utenti di autobus a Londra, per esempio, è aumentato del 99 per cento dal 1980 mentre le sovvenzioni statali sono precipitate. Oggi, gli autobus di Londra offrono un servizio affidabile e frequente e giocano un ruolo chiave come spina dorsale della rete di trasporto della città».
Dall’Italia guardiamo con molto interesse ai progetti Uitp. Soprattutto quelli relativi alla mobilità elettrica (Cagliari parteciperà a Zeus Project). C’è da dire che l’Italia deve affrontare il fatto che l’età media della propria flotta è pari a 12 anni, e il 65 per cento degli autobus ha una certificazione tra l’Euro 0 e l’Euro 3. Per i paesi come l’Italia sarebbe stato possibile rinviare l’Euro VI?
«L’introduzione di norme europee che disciplinano le emissioni è stato un processo graduale: in un arco temporale di circa due decenni si è passati da motori inquinanti a quelli moderni ed efficienti di ultima generazione. L’ultimo standard, l’Euro VI appunto, ha significato tagliare i livelli di ossidi di azoto del 95 per cento e del particolato del 97 per cento rispetto a Euro 1. Insomma, una rivoluzione.
Il 95 per cento degli autobus oggi è alimentato dai combustibili fossili (gasolio e metano), ma nei prossimi anni, secondo un sondaggio Uitp, molti operatori intendono passare a sistemi alternativi come l’ibrido o l’elettrico. Invece di rinviare l’entrata dell’Euro VI è urgente accelerare la rottamazione delle vecchie flotte sostituendo Euro 1, 2 e 3 con diesel pulito».
Roberto Sommariva